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John Greven, Tu sei ciò che cerchi. Uno sguardo non-duale, introduzione di Mauro Bergonzi, traduzione di Daniele Capuano, La Parola, Roma, 2008, pp. 120.
Allievo di John Wheeler e “Sailor” Bob Adamson – a loro volta discepoli del grande Nisargadatta Maharaj -, John Greven è l’autore di questo piccolo, ma stupefacente e preziosissimo libro. Probabilmente, questo testo può costituire l’introduzione migliore alla via spirituale dell’Advaita Vedânta, ossia al sentiero della metafisica non-duale, che è nata e si è tramandata nell’ambito dell’Induismo. Avvertiamo subito il lettore, doverosamente, che dopo questo primo passo, con questa straordinaria sintesi della sua teoria generale, egli dovrebbe necessariamente approfondirne i temi studiando quantomeno le opere dello stesso Nisargadatta Maharaj e di Ramana Maharshi.
La forza di quest’opera risiede senza dubbio nella sua essenzialità e semplicità, e, nel contempo, nella chiarezza, nel rigore e nell’immediatezza folgoranti della logica che in essa trova espressione. Il titolo riassume meravigliosamente, non solo lo scopo ultimo che l’autore si è prefissato, ma, soprattutto, lo stesso obbiettivo che l’Advaita ha di mira: indicare una via diretta per la realizzazione metafisica dell’Assoluto in se stessi. Di solito, coloro che conoscono la cultura esoterica sono portati a pensare che questa meta finale possa essere raggiunta unicamente attraverso un lungo percorso a tappe forzate, nell’ambito di un contesto iniziatico o misterico molto preciso. Non ci si immagina, pertanto, che invece non vi sia necessariamente bisogno di tutto ciò, e che talvolta possa bastare la seria intrapresa del cammino a cui qui si fa riferimento. Naturalmente, siamo ben lungi dal pensare e dal dare ad intendere che si tratti di qualcosa di estremamente facile da attuare, e che il risultato sia garantito a prescindere, e per giunta in tempi brevissimi. Non è affatto così, ma non è questo che conta. L’importanza del messaggio che qui viene trasmesso consiste, piuttosto, nel rammentarci che ciò che più d’ogni altra cosa è fondamentale nella via metafisica è la consapevolezza di essere. Greven, infatti, ci insegna ad essere costantemente concentrati sulla «Presenza della Consapevolezza», e sulla «Consapevolezza della Presenza», ossia ad essere ininterrottamente coscienti del puro essere che siamo, quello stesso che è l’unico a consentirci di sapere di esistere. Di poter dire “io”. Il ricordo ed il presentimento di sé in quanto realtà divina è indispensabile.
A parte queste idee-chiave primarie, lo strumento principale di risveglio della propria identità trascendente è l’«indagine del Sé», esemplificata dalla domanda “chi sono io?”. Con ciò s’intende quella ricerca interiore che trova il nostro autentico essere eterno esclusivamente quando la consapevolezza ha escluso completamente tutto ciò che noi non siamo realmente, ossia tutto ciò che “in noi” vi è di transitorio, di limitato, di mutevole e relativo. È vero, infatti, che noi crediamo di essere tutto un complesso di fattori e condizioni, che non hanno alcuna parte nella nostra realtà assoluta, e che sussistono solo perché nel tempo si sono cristallizzati in noi; e ciò a causa di un processo che comprende tutta una serie di identificazioni illusorie. Eliminate tutte le identificazioni ingannatrici, sono conseguentemente eliminate tutte le illusioni che ci rendevano inconsapevoli del nostro Sé assoluto ed eterno, il quale, in verità, essendo immutabile ed incondizionato, non ha mai smesso di essere nostro, anzi, più semplicemente, di essere noi. Ecco nuovamente il significato esatto del titolo del libro: noi siamo sempre e comunque quella stessa Realtà Assoluta che cerchiamo, e che ignoriamo totalmente di essere già.
Giovanni Tateo Milano
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