Tag
Anatolia, Anticristo, Apocalisse, Babilonia, Bisanzio, Costantinopoli, Fine dei Tempi, geopolitica, grande tribolazione, Impero ottomano, Istanbul, Neo-ottomanesimo, profezia, Tempi Ultimi, Terza Guerra Mondiale, Turchia
di Giovanni Tateo Milano
Considerati gli eventi degli ultimi anni, forse non a torto molti ritengono che le profezie racchiuse nell’Apocalisse di S. Giovanni di Patmos riguardino precisamente l’epoca attuale, e pertanto nuove riflessioni e discussioni in merito si moltiplicano. Tuttavia la corretta interpretazione del principale testo profetico cristiano è sempre risultata un’impresa quasi impossibile, perché i fatti che preannuncia sono estremamente difficili da collocare in un tempo ed uno spazio precisi e riconoscibili. Alcuni anni fa, però, un teologo, il professor Walther Binni, ha espresso una tesi che sembra davvero la chiave fondamentale per fare definitivamente luce sugli eventi dei Tempi Ultimi. Innanzitutto ha sottolineato il fatto inoppugnabile che le Sette Chiese dell’Asia a cui si rivolge il profeta, ossia le comunità cristiane di Sardi, Laodicea, Pergamo, Smirne, Efeso, Filadelfia e Tiatira, fossero tutte situate in Anatolia. Ciò evidentemente significa che gli eventi decisivi della Fine dei Tempi dovranno realizzarsi proprio nell’attuale Turchia, la quale, subito dopo la Palestina, fu l’antica patria del Cristianesimo nascente. Su questo fondamentale presupposto, Binni ha sostenuto che la Babilonia apocalittica sia da identificarsi in Istanbul, giacché corrisponde in maniera perfetta alla sua descrizione. Infatti, la città turca non solo sorge su sette colli, proprio come Roma, ma, a differenza di questa, è effettivamente una città sul mare, da sempre dotata di importanti porti internazionali. Inoltre essa è topograficamente divisa in tre settori. Naturalmente tutti questi indicatori trovano piena conferma sia nella lunga, gloriosa e tormentata storia della città che nella sua enorme importanza geopolitica passata, presente e certamente futura. Quindi, dovrebbe essere Istanbul, e non Roma, od altre importanti città, la futura Babilonia, ossia la capitale dell’incombente regno globale dell’Anticristo.
Si tratta quindi ora di immaginare verosimilmente uno scenario, o meglio un intero processo storico, che porti in futuro la Turchia e la sua Istanbul a divenire il nuovo centro del mondo, una realtà talmente potente da riuscire effettivamente a edificare un impero satanico planetario.
Ma prima di addentrarci in questo discorso bisogna innanzitutto ricordare che l’attuale Istanbul un tempo era Costantinopoli, già Bisanzio, la capitale dell’Impero Romano d’Oriente, dunque una città che possiede già un passato ed una vocazione imperiali. Ma un passato ed una vocazione imperiali vanta innanzitutto l’intera Anatolia, in quanto regione centrale dello stesso impero cristiano e di quello ottomano. Quindi sia per Istanbul che, più in generale, per la Turchia si deve riconoscere una notevole importanza planetaria, e ciò sia per la posizione geografica, eminentemente strategica, che per il ruolo geopolitico primario giocato nel quadro delle passate come delle attuali vicende storiche. Ma ancor più specificamente, si deve sottolineare il significato dell’evento che fece di Costantinopoli, capitale imperiale bizantina, Istanbul, capitale imperiale ottomana, poiché testimonia in maniera plastica la costante storica secondo cui l’imperialismo islamico, fin dalle sue origini, è sempre stato la minaccia primaria al mondo cristiano. Anzi, prim’ancora del Comunismo, esso è stato il principale persecutore del Cristianesimo, il suo nemico per eccellenza, in ciò manifestando un evidentissimo ed indiscutibile carattere anticristico. Infatti, un altro elemento importante che rende estremamente plausibile che la Turchia possa dar vita al futuro Stato globale dell’Anticristo, stante il fatto che questo darà luogo alla più grande persecuzione del Cristianesimo mai attuata nella Storia, “la grande tribolazione”, è che essa si è purtroppo già resa colpevole del genocidio sistematico degli Armeni ad opera del governo dei Giovani Turchi. Nulla infatti impedirebbe il ripetersi di una politica del genere, e sull’assai più vasta scala planetaria, qualora vi fossero nuovamente tutte le condizioni necessarie, a cominciare da un’ideologia ed una volontà politica orientate in quel senso.
Dunque, innanzitutto si deve sottolineare come la Turchia si trovi al crocevia di tutta una serie di canali di approvvigionamento energetico, oleodotti e gasdotti, tra quelli già presenti ed operativi e quelli in via di realizzazione, così come lo è rispetto ad una serie di importanti vie commerciali tra oriente ed occidente, come la famosa “via della seta”, come sempre stato in passato. Inoltre, recentemente lo stesso si può dire addirittura per l’approvvigionamento alimentare, se si pensa al suo fondamentale coinvolgimento nell’accordo tra Russia e Ucraina riguardo al grano.
Non è affatto un caso che proprio oggi sia analisti che personalità politiche parlino continuamente delle ambizioni imperialiste di stampo neo-ottomano della Turchia del premier Recep Tayyip Erdogan. Ambizioni che si traducono effettivamente in una strategia ed un’attività ad ampio spettro sull’intera scena mondiale. La Turchia infatti non solo si è modernizzata con estrema rapidità negli ultimi anni, crescendo continuamente sia dal punto di vista economico, che politico e militare, diventando un’effettiva potenza regionale, ma, a livello internazionale, è attivamente presente in ogni scenario di crisi globale. Ciò è avvenuto e sta ancora avvenendo in quella libica, in quella siriana, e nella recente crisi ucraina, senza contare altre situazioni di non indifferente importanza in aree come quella dell’Azerbaijan, del Kazakistan, del Nagorno Karabak, etc, e certamente prossimamente anche in quella dei Balcani. In pratica, ovunque vi sia nel mondo una grave crisi geopolitica, la Turchia svolge un ruolo tale da poter esercitare una notevole influenza e raggiungere determinati obbiettivi strategici a breve e lungo termine. Anche se in passato ha mancato di conseguirne alcuni, ciò innanzitutto dimostra che essa ha già provato ad attuare una concreta strategia neo-ottomana. Inoltre, quel fallimento dev’essere considerato solo momentaneo, perché appunto questa nazione cerca certamente di imparare dai propri errori, e di porsi nelle condizioni necessarie per non ripeterli. Infatti sbaglierebbe chi misurasse l’importanza geopolitica della Turchia sulla sola base della sua potenza individuale, giacché la sua reale capacità di influenza e proiezione sullo scacchiere mondiale consisterà soprattutto sulla sua capacità di porsi alla guida del variegato e frammentato mondo islamico. Nel successo che potrà effettivamente ottenere nell’eliminare tale frammentazione, riuscendo invece a federare in senso imperiale le varie nazioni islamiche in tutti i continenti. Ad esempio, un suo epocale successo sarebbe riuscire finalmente a ricomporre il secolare conflitto tra Sciiti e Sunniti, riuscendo nel contempo a stabilizzare definitivamente il Medioriente con un’alleanza che comprendesse l’Iran, l’Iraq e l’Arabia Saudita, oltre a Libano e Siria. Non escludendo affatto anche un patto di cooperazione con Israele. Tutti questi obbiettivi al momento non sembrano a portata di mano, ma ciò che si deve tenere ben presente è che la forza della Turchia dipende in gran parte dalla debolezza dei suoi competitori od avversari. Bisogna infatti considerare la profonda differenza tra l’attuale classe dirigente turca e quella di altri blocchi politici, come ad esempio la Ue: a differenza di quest’ultima, la prima oltre ad esse estremamente determinata, dinamica e spregiudicata, ritiene di avere una missione storica epocale da compiere, e possiede una visione strategica chiarissima, nonché la piena consapevolezza del notevole potenziale della propria patria, che intende accrescere e realizzare al massimo. Per averne un’idea più chiara, un altro lampante esempio di classe dirigente consapevole e determinato allo stesso livello potrebbe essere quello russo o quello cinese. E mentre il mondo islamico, pur politicamente diviso e attraversato da tensioni, rivalità o aperte ostilità, è in grado di concepire ed esprimere una politica “islamica”, e non perdere mai di vista l’occidente ed il mondo cristiano quali nemici o bersagli storici costanti, il “grande Satana”, di contro non esiste affatto una “politica cristiana”, anzi l’occidente è sostanzialmente, e sempre più, politicamente non cristiano o addirittura anticristiano.
Ma la Turchia trae vantaggio proprio da tutti quegli scenari critici, o addirittura caotici, in cui essa può inserirsi per far valere i propri interessi. Ovunque vi sia divisione o addirittura disintegrazione, essa può intervenire per ricomporre delle fratture oppure, al contrario, per portare i conflitti alle loro estreme conseguenze, in modo che gli elementi antagonisti vengano eliminati. Ordo ab chao. Pertanto anche la stessa Russia, nella competizione con la Turchia, non potrà che restare penalizzata dalla sua belligeranza con l’Ucraina, soprattutto se questa dovesse coinvolgere direttamente la Nato ed estendersi all’intera Europa. A meno che, giunti ad un certo scenario, la Russia non si alleasse militarmente con la stessa Turchia.
Dunque, ogniqualvolta la Turchia dovrà entrare in diretto conflitto armato con un contendente, essa adotterà una strategia simultanea di attacco militare dall’esterno e di destabilizzazione dall’interno, facendo leva proprio sul fattore della fratellanza islamica per attivare elementi terroristici o moti insurrezionali.
Passiamo ora a cercare di illustrare quale sarebbero i principali passi strategici che consentirebbero progressivamente alla Turchia di edificare il suddetto Superstato anticristico.
In primo luogo, essa dovrebbe puntare ad un’espansione considerevole del proprio territorio nazionale realizzando l’unità politica di tutte le aree turcofone dell’Asia centrale. In effetti, esiste già un organismo di cooperazione ad ogni livello, eccetto per ora quello militare, tra le nazioni turcofone: l’Organizzazione degli Stati Turchi, che coinvolge, oltre ovviamente la stessa Turchia, il Kazakistan, l’Azerbaigian, il Kirghizistan, l’Uzbekistan, il Turkmenistan e la Repubblica turca di Cipro del Nord.
Limitandosi alla riunione delle nazioni continentali, questa nuova Grande Turchia potrebbe assumere convenientemente la forma di una Federazione Turca. Naturalmente dovrebbe conquistate Georgia e Armenia, che ostacolano una connessione geografica ottimale tra gli stati aderenti, così come dovrebbe definitivamente eliminare la presenza curda.
Essa potrebbe ottenere il beneplacito per questa unificazione proprio in funzione anti-russa ed anti-cinese, infatti gli Usa potrebbero o dovrebbero considerare questa Federazione Turca come una proiezione profonda ed importante della Nato nell’Asia centrale, penetrazione strategica del tutto impossibile diversamente. Inoltre un simile sviluppo risulterebbe fin d’ora coerente col piano di accerchiamento della Russia già attuato con l’espansione della Nato nell’Europa orientale e settentrionale, che così potrebbe minacciare anche la Cina.
Dunque trasformare questo organismo turco in una Federazione Turca sarebbe il primo passo importante in vista di un nuovo impero neo-ottomano, considerata sia la vastità del territorio complessivo che le notevoli risorse di vario tipo di cui essa disporrebbe.
Sulla base di questo successo epocale, questa Federazione Turca dovrebbe porsi alla testa di un altro importante organismo: l’Organizzazione della Conferenza Islamica (Oci), finalizzato alla cooperazione a tutti i livelli tra 57 nazioni a maggioranza islamica. Sotto la sua guida, questa entità potrebbe tramutarsi in una vera e propria nuova federazione di Stati islamici, o, perlomeno in una fase anteriore, in un’alleanza militare del tutto analoga alla Nato. A tali scopi, la Federazione Turca dovrebbe portare avanti una duplice strategia: diplomatica, orientata alla risoluzione permanente di qualunque tensione, rivalità o conflitto tra i membri, ed economica, finalizzata alla modernizzazione di tutte quelle aree ancora arretrate e insufficientemente sviluppate. Un fattore determinante dovrebbe essere senz’altro quello monetario: la Federazione Turca per prima dovrebbe praticare una politica di piena sovranità monetaria, dotandosi innanzitutto di una moneta ancorata ad una consistente riserva aurea statale. In secondo luogo, dovrebbe ovviamente servirsi di una banca centrale totalmente posseduta dallo Stato e gestita esclusivamente dal governo nazionale. Sulla base di queste direttrici parallele, essa dovrebbe intessere una rete onnicomprensiva di collaborazioni ed interdipendenze capaci di superare definitivamente le prospettive nazionali particolari. L’Oci dovrebbe quindi creare una vasta macroarea islamica intercontinentale, contraddistinta da un’integrazione ed una sinergia strutturale talmente profonde da dar luogo organicamente al nuovo impero ottomano. Naturalmente, un elemento importante in tal senso sarebbe un’unificazione monetaria, estendendo a tutta questa macroarea l’adozione della nuova moneta turca sovrana, valuta islamica capace di vincere la competizione in termini di solidità e stabilità con qualunque altra straniera di tipo fiat, e quindi sostituire il dollaro quale valuta di scambio globale. Il nuovo secolo della Turchia dovrebbe quindi portare con sé un nuovo secolo islamico.
Stabilizzata dunque l’unità politica di tutte queste nazioni un tempo già integrate nell’impero ottomano, si aprirebbe una nuova fase di conquista dell’Europa meridionale. A partire dalle coste del Nordafrica così come da Cipro e Malta, nonché dai Balcani già federati a cominciare da Albania, Bosnia e Kosovo, il nuovo impero turco dovrebbe impossessarsi della Sicilia, innanzitutto, e poi di Sardegna e Corsica, per poi, dopo averla circondata, attaccare direttamente l’Italia innanzitutto nel sud. Dall’altro lato, invece, verso ovest, dovrebbe iniziare un’altra offensiva contro la Spagna prima e la Francia poi. Presa la Spagna, almeno nella sua parte meridionale e sudoccidentale, sarebbe necessario occupare saldamente Gibilterra in modo da sigillare ermeticamente il Mediterraneo, impedendo qualunque intrusione dall’Atlantico, in modo da escludere qualunque intervento da parte dell’alleato Nato mirante a impedire o limitare il suo dominio.
Tutto ciò dovrebbe compierlo contando sulle sue sole forze, ma sfruttando, almeno fino ad un certo punto il suo status di membro della Nato, in modo da non subire interferenze da questa alleanza.
Tutto il resto, invece, la Federazione Turca dovrebbe realizzarlo sfruttando le conseguenze dei conflitti tra gli altri grandi attori della scena mondiale, ossia ovviamente gli stessi Usa, Russia e Cina. Il conseguimento degli obbiettivi strategici turchi dipende imprescindibilmente dal fatto che essi siano troppo impegnati in tali scontri armati per consentirsi anche di impedire alla Turchia la sua ascesa egemonica. Ma non solo, perché tali conflitti dovrebbero provocarne la totale distruzione, oppure arrivare a consumarli e logorarli al punto tale da ridurne considerevolmente la potenza, ridimensionandone il ruolo mondiale e rendendoli in ogni caso estremamente vulnerabili, consentendo così alla Federazione Turca di superarli definitivamente. L’astuzia della Turchia, già osservata finora, dovrebbe ancora consistere in futuro nel fingere solamente di essere un indispensabile alleato Nato, senza però mai farsi coinvolgere attivamente in uno scontro armato con la Russia o con la Cina, lasciando che siano Usa e Ue a combattere da soli le proprie guerre contro di esse. La Turchia dovrebbe combattere unicamente dove sono in gioco i suoi effettivi interessi, e dove la vittoria sia effettivamente a portata di mano. In verità, se dovessimo condurre fino in fondo il nostro ragionamento sugli imminenti conflitti globali tra le attuali superpotenze, non possiamo che avanzare un terribile sospetto, giacché, considerato il rapporto tra costi e guadagni dello sforzo bellico, non ci sembra affatto che alcuna di essa possa mai avere un effettivo interesse a esserne coinvolta o a scatenarli. Partiamo dal presupposto che una Terza Guerra Mondiale può essere combattuta o con armi di distruzione di massa oppure con armamento convenzionale. Il primo caso non potrebbe che portare ad una mutua distruzione assicurata, pertanto non resterebbe che la guerra convenzionale. In questo caso, chiunque possa essere il vincitore, un’effettiva occupazione militare del territorio del soccombente è praticamente impossibile, quindi l’unico esisto sarebbe la distruzione della sua capacità economica e militare. Ma è impensabile che nel quadro del violento conflitto globale che si prospetta il vincitore non riporti comunque enormi danni e perdite. In effetti, quindi, pare davvero che tutti i contendenti abbiano certamente molto, se non tutto, da perdere e ben poco da guadagnarci. Eccetto però proprio quell’attore globale che ne resti fuori, ed intervenga solo nella fase terminale dello scontro, per dare il colpo di grazia ai perdenti e partecipare alla spartizione delle spoglie. In questo caso, già da quel che possiamo osservare oggi, il conflitto tra la Nato e la Russia sembra fatto apposta per favorire la Turchia in tutti i modi possibili.
Abbiamo dunque illustrato un verosimile panorama storico di prossima ventura, che evidenzia quanto possa essere grande il vantaggio conferito dal saldo affidamento alle sacre profezie quando si tratta di scrutare in profondità un futuro doppiamente oscuro per la sua enigmaticità e la sua tragicità. Per un vero credente, infatti, le profezie convalidate dall’autorità spirituale legittima, specie se racchiuse nei testi sacri canonici, non sono e non devono rappresentare unicamente l’eredità, talvolta remota, del proprio patrimonio religioso, bensì costituire un elemento importante di orientamento e discernimento rispetto ai fatti della Storia presente e avvenire. Tali profezie devono quindi essere considerate come verità sempre attuali ed illuminanti, ossia capaci di far comprendere o riconoscere i connotati reali delle epoche o degli eventi a cui si riferiscono, sia quando questi si sono ormai manifestati che quando stanno per manifestarsi. Il nostro auspicio, quindi, alla luce di tutto questo, è che il mondo cristiano possa prima possibile rendersi consapevole dell’enorme minaccia che sempre più rapidamente prende corpo e si avvicina, affinché possa cercare il più possibile di sventarla efficacemente.
(OZ Orizzonte Zero n° 29, Settembre 2023)
Copyright © 2023 Giovanni Tateo Milano, tutti i diritti riservati all’autore.